Storia della chirurgia del plesso brachiale
Nonostante la prima descrizione di una lesione di plesso brachiale sia stata effettuata da Omero nell’Iliade (duello tra Teucro ed Ettore, libro VIII), queste lesioni non vennero riconosciute fino alla seconda meta’ del 19° secolo: i primi tentativi di riparazione chirurgica furono poi intrapresi alla fine del 19°-inizi del 20° secolo. Gia’ negli anni 20 pero’ la chirurgia del plesso brachiale (che fondamentalmente consisteva in tentavi di sutura e neurolisi, cioe’ pulizia di aderenze cicatriziali formatesi intorno ai nervi danneggiati) venne pressocche’ abbandonata: i risultati erano infatti assolutamente miseri e in piu’ vi erano state anche delle complicanze post-chirurgiche fatali.
E’ l’italiano Bonola che identifica negli incidenti motociclistici la causa principale delle lesioni di plesso brachiale dell’adulto alla fine degli anni 30; con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale si registra un aumento dei casi che portano ad un rinnovato interesse per la chirurgia, soprattutto in Gran Bretagna da parte dell’equipe di Sir Seddon.
Sulla scia della scuola inglese, rifioriscono i tentativi di riparazione chirurgica del plesso e vengono effettuate le prime procedure con innesto e il primo tipo di transfer nervoso (vengono prelevati i nervi intercostali e coaptati sul nervo muscolocutaneo per tentare di ripristinare la funzione del bicipite).
Tuttavia anche in questo periodo, gli insuccessi sono prevalenti e il nichilismo terapeutico ricomincia a serpeggiare nella comunita’ medica fino al raggiungere il suo apice nel 1966 durante il congresso SICOT (Societa’ internazionale di chirurgia ortopedica e traumatologia) tenutosi a Parigi: viene raggiunto un consenso unanime sul fatto che sia opportuno abbandonare la chirurgia del plesso brachiale in quanto, a fronte di risultati assolutamente inconsistenti, si dichiara che le lesioni di plesso sono irreparabili. Nel 1969 addirittura si arriva a ritenere come unico trattamento possibile delle lesioni di plesso brachiale l’amputazione dell’arto e il posizionamento di una protesi.
L’introduzione del microscopio operatorio e della tecnica microchirurgica rivoluzionano la scena mondiale della chirurgia in tutti i settori e negli anni 70 si assiste anche ad una rinascita della chirurgia del plesso grazie ai tentativi pioneristici di Hanno Millesi a Vienna e Algimantas Narakas a Losanna.
Il loro esempio spinge altri chirurghi ad intraprendere nuovamente la chirurgia ricostruttiva del plesso e fioriscono le varie scuole europee: e’ rilevante a questo proposito il contributo della scuola italiana capeggiata dall’ortopedico Giorgio Brunelli.
La rivoluzione copernicana della chirurgia ricostruttiva del plesso arriva negli anni 80 con la tecnica messa a punto dal francese Christophe Oberlin per re innervare il bicipite nei casi di paralisi superiore del plesso.
Da quel momento in poi vengono messe a punto ulteriori procedure che consentono di raggiungere risultati dapprima inimmaginabili nella chirurgia del plesso brachiale, campo oggi giudicato in espansione e in progressivo sviluppo.